Piccola fenomenologia del grillismo editoriale

C’è chi propugna la politica senza partiti. E c’è chi ormai intravede il miraggio di un’editoria senza più editori. In entrambi i casi la parola magica che apre gli orizzonti di queste magnifiche sorti e progressive è la stessa, vale a dire internet.

Sia i partiti sia gli editori si sono infatti lasciati cogliere impreparati dall’avvento dell’era digitale. Il politico italiano medio teme Twitter quasi quanto il taglio della diaria. L’editore italiano medio ha vissuto l’e-book come la fine del proprio feudo cartaceo.
I partiti e gli editori avranno certamente molte delle colpe che vengono loro rimproverate. Non svolgono più un efficace lavoro di filtro e di selezione. Da camere di compensazione di idee e di proposte si sono trasformati in camarille opache di sodali, amici e favorite. Nei programmi come sulle quarte di copertina, hanno sovente promesso cose che sapevano di non poter mantenere.
Ma almeno a discolpa degli editori qualcosa andrà detto.
La scena editoriale italiana degli ultimi vent’anni ha visto un notevole ricambio di facce e di stili, e non solo in superficie. Gli editori italiani hanno spesso pagato di tasca propria scelte impopolari o sbagliate. Mentre le nostre tasse salvano il culo dei banchieri dalle spietate leggi del mercato che loro stessi hanno imposto, agli editori vengono tolte persino le tariffe postali agevolate. Solo un screzio, in fondo, ma è tanto per capirci.
Nonostante l’editoria non sia (mai stata) un giardino dorato di privilegi, il risentimento nei confronti degli editori “tradizionali” ha gli stessi toni lividi e rabbiosi che Grillo riserva al PD, a Napolitano, a Monti, alla cosiddetta Casta. L’idea che solo internet possa restituire democrazia e partecipazione al mondo asfittico delle lettere ricalca il grido di battaglia dell’ex comico genovese. È certamente il grido di molti lettori delusi, ma anche di coloro che Umberto Eco definì, con poca benevolenza, “manoscrittari”. Di gente cioè che ha subìto mille rifiuti e ha vissuto gli editori come i guardiani arroganti, sordi e arcigni del giardino dorato della gloria letteraria.
Ora che ognuno può essere editore di se stesso, questi guardiani sembrano i poliziotti della DDR il giorno in cui è crollato il Muro. Se ognuno ha conquistato il diritto a definirsi scrittore, nessuno ha più alcun potere di metterci in fila per ore ad aspettare un visto o un timbro.
Alla stessa maniera, quelli del Movimento Cinque Stelle sono arrivati dal web in Parlamento a suon di clic, senza sorbirsi congressi interminabili, senza anni di gavetta in sperdute sezioni di provincia. La cosa non rappresenta un difetto a priori, sia chiaro. Molti di loro sono però subito apparsi confusi, velleitari e impreparati rispetto al ruolo che li attendeva. E ricordate quali sono state le risposte? Principalmente due.
Risposta uno: abbiate pazienza, non siamo politici di professione e siamo inesperti.
(Piccola digressione: immaginatevi Robespierre che arriva alla Convenzione e dichiara: “Cari cittadini, da oggi mandiamo a casa quegli zombie putridi dell’Ancien Régime. Per farlo dovremo probabilmente tagliare qualche centinaio di teste. Detto questo, abbiate pazienza se improvviseremo un po’ alla cazzo. Siamo inesperti, d’altronde è la prima rivoluzione francese che facciamo.”)
Risposta due: ah, dunque preferivate Scilipoti, Carfagna, Razzi e Borghezio?
E qui il cerchio del grillismo editoriale si chiude.
In barba agli editori, i manoscrittari 2.0 oggi promuovono sui social network i loro e-book a soli cinque euro, con un semplice clic da casa tua. Dopo tre o quatttro mesi di martellamento, sono però già scesi a zeronovantanove. In genere è il segno che neppure internet, questo eldorado degli incompresi, ha riconosciuto il loro talento. Ecco, magari il problema era altrove e, leggendo il testo, qualche ragione dell’insuccesso la trovi. Ma se tenti di spiegarglielo, cosa ti dicono? Sostanzialmente due cose: “Io non sono mica un intellettuale. È la prima cosa che scrivo e l’ho buttata giù così, come mi veniva” (cfr. sopra, risposta uno). Ancora prima che tu abbia obiettato alcunché, arriva la (cfr. ancora sopra) risposta due: “E d’altronde, se scrivono libri di successo Fabio Volo e E.L James, perché non posso provare anch’io?”.

 

7 pensieri su “Piccola fenomenologia del grillismo editoriale

  1. Sinceramente Giampaolo mi sfugge il senso di questa tua riflessione, non capisco dove vuoi andare a parare.
    Lasciamo stare per un attimo il “grillismo” su cui ho posizioni decisamente differenti dalle tue e su cui non mi interessa in questa sede aprire un dibattito , magari se ci incontreremo e ci sarà modo chissa…
    Ma il fatto che Internet dia la possibilità praticamente a chiunque di scrivere ( e anche tu stai usando un blog per comunicare, non mi pare tu spedisca periodici a casa )
    per me rappresenta solo e semplicemente una grande chanche. E’ il bello/brutto della rete, i contenuti non sono “certificati” da nessuno, la stessa WikiPedia prende degli “abbaglioni” niente male ogni tanto.
    EMBE’ ?
    Io stesso saccheggio attraverso Internet impunemente ogni giorno e ho imparato sulla mia pelle che è bene verificare e controllare e magari “leggere” ogni tanto, certo dipende dalle persone.
    E qui sta tutta la discussione. Questo è il punto fondamentale e non mi scorderò mai di dirlo. Contano Le Persone.
    Editoria / Internet Partiti / Movimenti. Non ci sono “forme” o “strumenti” migliori o peggiori a prescindere.
    Ci sono soluzioni più idonee di altre, ci sono i “gusti” e le ideologie… ma anche il mezzo più innocuo o inutile o innocente nelle mani sbagliate assume significati completamente differenti.
    Dipende dallle persone, da come li usano e soprattutto dall’ onestà che ci mettono.
    Se i partiti avessero svolto il loro dovere il “grillismo” ( ma come sarà orrendo questo termine ) non sarebbe mai nato. Mai.
    Lo stesso, a mio esclusivo parere personale non me ne volete, sarà per l’ editoria.
    E questo è solo un gran bene.

  2. Credo il problema non sia tanto l’occasione data a tutti, quanto l’umiltà, almeno, di non definirsi ovunque “scrittori”. Poi uno può anche addentrarsi nella discussione del quanto sia giusto che tutti abbiano questa possibilità ma, insomma, per diventare medico si suda parecchio, mentre per la scrittura basta un click. Ok, non si uccide nessuno con un libro, tranne forse il lettore ingenuo.

  3. Secondo me il paragone tra aspiranti scrittori che si auto-pubblicano via internet e i grillini che hanno fatto crescere il loro movimento sempre via internet non e’ molto azzeccato, anche se c’e’ il web a fare da comune denominatore. Il M5S e’ cresciuto e ha reclutato adepti via internet e questo e’ un fatto, ma la sua popolarita’ e’ aumentata sopratutto perche’ i giornali e tv davano loro grande spazio (benche’ non rilasciassero interviste) in quanto era percepibile in quel movimento, al di la’ delle evidenti contraddizioni e delle incognite rappresentate dai suoi candidati, la volonta’ del cambiamento e la passione nei confronti di una politica a misura di cittadino. Lo spazio di cui hanno goduto nei media tradizionali i grillini non l’hanno avuto e non ce l’hanno certo gli autori che si pubblicano i libri in digitale, per cui solo chi veramente vale puo’ emergere e non e’ detto che cio’ accada. Per quel che riguarda la funzione di “filtro” che gli editori dovrebbero svolgere, permettimi di dissentire: proprio tu citi infatti Fabio Volo, che secondo me insieme a Giorgio Faletti e’ uno dei piu’ grandi misteri editoriali degli ultimi anni (se vogliamo credere alla favola delle case editrici che ricercano e pubblicano solo testi di qualita’), con il primo che ha un ghost writer che semplicemente non sa scrivere in italiano corretto, mentre il secondo ce l’ha americano e che traduce i suoi lavori dall’inglese con Google Translate…

  4. Caro Andrea, scrivere può voler dire comunicare, informare, dialogare o narrare. Come saprai, non sono sinonimi e non credo che la Rete veicoli tutte queste cose nella stessa maniera. Da narratore, non posso non prendere atto che la Rete, come luogo di proposta di nuove narrazioni, ci ha dato E. L James. Una robaccia che nessun comitato editoriale avrebbe avuto, e a ragione, coraggio di pubblicare. Non posso non prendere atto che i parlamentari reclutati su internet da M5S si sono rivelati, in gran parte, dei dilettanti allo sbaraglio. Che piaccia o no, la Rete non può sostituire l’esperienza sul campo, l’apprendistato, non è – da sola – un vero luogo di confronto e di organizzazione di un discorso coerente e logico, sia esso culturale e politico. Negare questo, in un momento di transizione, è un errore fatale.

  5. Caro Riccardo, mentre i partiti italiani hanno fatto di tutto per regalare a Grillo giuste cause e milioni i voti, gli editori italiani, come io ho scritto, hanno addirittura allevato il grillismo editoriale al loro interno, pensando di poterlo inglobare sul nascere, di poterlo piegare ai propri interessi. I risultati, anche commerciali, sono sotto gli occhi di tutti. Certo, il M5S è finito sotto i riflettori dei media. E anche Fabio Volo o Faletti sono spesso in tv. Questo però non cambia l’ingenua riflessione dell’aspirante scrittore di successo, il fideismo nella mitologia della Rete come luogo di ogni possibilità: se basta scrivere così, ce la posso fare anch’io, è quello che mi sento dire. E io non posso, in senso assoluto, di dargli torto.

  6. Secondo me dobbiamo considerare questo: che viviamo in un’epoca in cui l’autorità ha perso di valore: al fondo Lei Simi, come tutti noi non riesce ad accettarlo per la cultura. Non riesce ad accettare che ogni discorso sul senso non ha quasi più senso ed ogni discorso sul valore non ha più veramente valore. È questa una formulazione estrema, nichilista, del problema ma la democrazia comporta ciò, se ne accorse anche Tocqueville osservando la democrazia in America, e pretende questo: che per compiersi certe autorità perdano ancora più di valore per lasciare spazio alle aspirazioni degli individui. Il contrario cosa comporterebbe? Si può ridare valore a qualcosa che lo ha perduto -al partito nella fattispecie? È chiaro che lo sviluppo della tecnologia comporta delle possibilità ma ciò comporta a sua volta che la tecnologia livelli i valori. Quando apparve la fotografia i pittori si risentirono proprio come Lei, con le stesse argomentazioni che usa Lei. La pittura è morta si diceva. In realtà, senza cascare nel nichilismo bisogna chiedersi se i criteri di valutazione siano semplicemente mutati. Questo comporta oggi internet. È illusorio cercare di frenare un movimento “svalutativo” che tra l’altro non nasce nemmeno ora e ho fornito un esempio.

  7. Beh, io credo che scrivere sia un’attività faticosa che per riuscire necessiti tempo, metodo e ricerca. Credo anche che i dilettanti di genio siano rarissimi, i più sono velleitari e neanche tanto talentuosi. Scrivere tutti i giorni, diverse ora al giorno, e continuamente, è il punto di partenza per dirsi scrittori. Perciò perché, ad esempio, uno come me ha scritto un romanzo? Beh, allo stesso modo ci si potrebbe chiedere perché uno come me potrebbe, che so, giocare a calcetto, pur essendo un capellino meno bravo di un giocatore di champions. Insomma attenzione, la stupidità umana, come la mia, va sfruttata, non repressa. In fondo chi scrive è spesso uno che legge molto, perciò a me, come avido compratore di libri, magari un giorno può anche essere concessa una sgambatura sul terreno di gioco dello stadio: è anche una via per apprezzare quanto veramente grandi siano i veri professionisti! Come senz’altro è lei, stimato Giampaolo.

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