Perché leggere Joël Dicker se posso guardare Homeland?

Prima parte

Poco tempo fa, in una discussione su un gruppo di lettura ho scritto: “Chiudete i libri e guardate le serie tv”. Dopo qualche giorno sono andato a rileggermi. Avevo scritto proprio questo.

Oddio, ho pensato. Come sono potuto arrivare a tanto?

Il contesto, direte. Allora. Il contesto erano un centinaio di commenti a La verità sul caso Harry Quebert di Joël Dicker. Alcuni lettori erano imbufaliti e le loro opinioni oscillavano da “una ciofeca” a “spero almeno di poterci fare la zeppa al cassettone”. Altri sostenevano di esserselo divorato, altri ancora lo difendevano con “è stata una lettura gradevole” o un “andiamo, non è poi così male”. Devo dire, a onor di cronaca, che non ricordo commenti davvero entusiasti. Come se per il caso editoriale dell’anno l’aspettativa media sia ormai la stessa di una focaccina Camogli dell’Autogrill. Che ti aspetti? L’importante è che non ti rimanga sullo stomaco.

È come una sorta di “convenzione al ribasso”, un meccanismo studiato per poter inneggiare ogni tre giorni al “caso editoriale dell’anno” ma che, alla lunga, non funziona. Chi andrebbe a vedere una gara di salto in alto dove gli atleti si contendono la medaglia svolazzando oltre la vertiginosa altitudine di un metro e settantadue?

Ma torniamo al punto: ho scaricato le prime quaranta pagine de La verità sul caso Harry Quebert. Il giovane scrittore baciato dal successo planetario, inseguito da anticipi a sei zeri e da stuoli di groupies non è ‘sto capolavoro di simpatia. Quando poi affitta uno splendido cottage per superare la sua terribile occlusione creativa, l’ologramma di Billy Bragg che rappresenta la mia coscienza di classe imbraccia la chitarra per una rabbiosa instant ballad: “Ma vai a lavorare un mese in un call center / coglione / vedrai come ti torna subito / l’ispirazione” (tutto questo in cockney, vi assicuro, è molto convincente).

Billy mi appare proprio mentre sono con il ditone sul pulsante “Acquista”. Allora faccio due conti. Sta per iniziare la terza stagione di Homeland. Arrivano pure le nuove puntate di Sherlock e Luther. Su Raitre parte The Newsroom che ho già seguito in originale ma, insomma, qualche puntata me la rivedrei anche. Le pause pranzo sono già precettate per rimettermi in pari con Breaking Bad, Boardwalk Empire e Mad Men. Nella vita bisogna fare delle scelte.

Scelgo di non comprare il romanzo di Dicker sulla base di un’equanime e prosaica comparazione, dato che le stesse ore del mio tempo possono andarsene nella lettura del libro o nella visione di una stagione delle suddette serie. Quelle quaranta pagine potevano essere anche “una lettura gradevole” ma, paragonate ai primi cinque minuti di una qualsiasi di quelle serie tv, sono semplicemente scialbe e scolastiche. Qualsiasi story editor della HBO avrebbe suggerito a Joël Dicker di impegnarsi di più e ritornare con qualche idea dignitosa. E questo perché nelle serie tv la concorrenza è spietata e l’asticella è sempre più alta. Perché nessuno di noi conosce gli sceneggiatori di quelle storie (tranne qualche star come Sorkin o Abrams), né li giudica in base al ricciolo scompigliato, allo sguardo smeraldino o a una biografia più accuratamente romanzata del romanzo stesso. In tv giudichiamo la storia e abbiamo imparato a essere, giustamente, esigenti. In tv oggi non accettiamo più “quello che c’è”. Possiamo registrare su hard disk, acquistare, scaricare on demand, scegliere e premiare effettivamente chi ci piace.

Amo la lettura, ho pubblicato molti libri e ho la morte nel cuore, ma non riesco a pentirmi di quello che ho scritto. Anche se sento già i mormorii di disappunto e qualche domanda. Come fai a paragonare due mezzi di racconto così diversi? E avresti fatto così anche se il libro fosse stato di Jonathan Franzen o Philip Roth? E il carisma degli attori, dove lo metti? E perché non parlare anche di tutte le serie tv inguardabili?

Domande giuste. Che mi sto facendo anch’io. E a cui cercherò di rispondere nella seconda parte di questo post, domani l’altro. Siateci.

 (To be continued…)

4 pensieri su “Perché leggere Joël Dicker se posso guardare Homeland?

  1. Da filologo moderno e aspirante scrittore, sono assolutamente d’accordo. Non val la pena.

    Ipotesi: ma quando la pirateria dei libri si sarà diffusa maggiormente, la situazione potrebbe cambiare in meglio, per i lettori?

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